Gentili Consiglieri di Stato, Gentile Consigliera di Stato, care colleghe e cari colleghi,
anche se non lo condividiamo nei contenuti e nelle sue conclusioni, il rapporto di maggioranza che respinge la MozioneMO1631 del 22 novembre 2021, presentata da Anna Biscossa e cofirmatari, ha comunque il merito di cogliere, nella sua premessa, l’obiettivo principale dell’atto parlamentare in questione, che è quello – cito – “di garantire un dibattito in Gran Consiglio sulla parità salariale in Ticino per mantenere una certa pressione sul governo affinché si impegni maggiormente per la parità salariale”.
La richiesta al Consiglio di Stato di allestire un rapporto annuale sull’avanzamento del “Piano d’azione cantonale per le pari opportunità” da sottoporre per discussione al Gran Consiglio” e di “inserire in tale rapporto annuale anche i risultati delle analisi della parità salariale effettuata dal Cantone sul proprio personale,non solo sull’insieme dei dipendenti, ma anche per Dipartimento,nel rispetto dell’art. 8 cpv. 3 della Costituzione federale” persegue infatti – come si diceva – lo scopo di stimolare con la dovuta regolarità il Governo e il Parlamento ad impegnarsi, senza cedimenti, per la completa parità salariale e delle pari opportunitànon solo declamatorie o formali nel mondo del lavoro (pubblico e privato) e nella società ticinese.
Anche se in alcuni contesti lo si vuol far credere, non è vero che tutto va bene! Basta guardarsi attorno con uno sguardo oggettivo e con minimo di sensibilità! Le donne – soprattutto quelle appartenenti alle classi e alle categorie meno favorite – stanno ancora aspettando! Le pari opportunità tanto decantate de jure e nelle declamazioni della politica, de facto non esistono ancora, poiché molto diseguali sono i punti di partenza sociali ed economici fra le persone.
Se alcuni passi sono stati intrapresi all’interno dell’amministrazione cantonale, è del tutto evidente che nella società – basti osservare come sono distribuiti il lavoro e le difficoltà economiche (sulla base dell’origine, della classe sociale e del genere) – gli obiettivi non sono ancora per nulla raggiunti.
Le disparità di genere rappresentano ancora una grave distorsionee ciò è anacronistico, in un Paese che all’art. 8, cpv. 3 della sua Costituzione federale sancisce il principio dell’uguaglianza tra uomo e donna e in cui la Costituzione cantonale obbliga esplicitamente le istituzioni ad agire, in conformità con l’art. 4, cpv. 3 (“il Cantone promuove le pari opportunità per i cittadini”) e con l’art. 7, cpv. 2 (“Donne e uomini sono uguali davanti alla legge”) e cpv. 3 (“Per lavoro di pari valore donne e uomini ricevono retribuzione uguale”).
Lo stesso rapporto di maggioranza, alla pagina 3, un po’ ingenuamente, afferma che, “in base all’art. 4 e come emerge dall’analisi fatta dal Consiglio di Stato, non emerge alcun dato che possa farci supporre che il Governo, stia andando contro la Costituzione cantonale”.
Ci mancherebbe! Questa frase che precede – lo dico per correttezza – l’elenco dei passi finora intrapresi, è comunque la spia di un atteggiamento fondamentalmente rinunciatario e conservatore, che ragiona sempre in negativo, frenando ogni istanza di miglioramento, senza volontà politica di lavorare in modo proattivo, senza una visione minimamente positiva nei confronti dei temi dell’uguaglianza e dei diritti!
È chiaro che, soprattutto nell’ambito dei diritti, non basta giustificare e conservare una situazione insoddisfacente accontentandosi di affermare che non si va contro la legge, perché la legge dice, esplicitamente, che bisogna agire! Quando non si difendono i diritti fondamentali, magari anche in buona fede, di fatto, si diventa complici delle ingiustizie.
Del resto, se il 27 aprile 2022 il Consiglio di Stato ha approvato il “Piano di azione cantonale per le pari opportunità”, con l’avvertenza che è un’operazione che va condotta e monitorata in maniera graduale, significa che la problematica è più chepertinente e che, anche nel nostro Cantone, la parità salariale e l’accesso alle pari opportunità sono tutt’altro che raggiunte.
Il “piano d’azione” intende intervenire sui tre livelli della “sfera professionale”, del “contesto formativo” e del “contesto pubblico e parapubblico”. Già a pagina 1 vengono citati tutti i campi d’azione in cui si reputa indispensabile darsi da fare.Inequivocabilmente, questo significa che ci sarà ancora tanto lavoro da fare in tutti gli ambiti e che la strada sarà ancora lunga e piena di ostacoli, anche in considerazione dell’esistenza di molteresistenze di tipo economico e, di conseguenza, di tipo politico.
Il legislatore e il Governo devono farsene una ragione.
In questo campo, non devono (non dobbiamo!) perdere nessuna occasione per studiare, analizzare, dibattere e intervenire con misure concrete e vincolanti!
Questo è il senso della mozione e per questo la dobbiamo sostenere tutte e tutti con convinzione.
È indispensabile che il Parlamento, così come l’opinione pubblica, siano informati in modo regolare e formale.
In ogni attività di una certa importanza e in ogni progetto che si rispetti una fase decisiva è quella del monitoraggio. È perciò del tutto ragionevole chiedere all’esecutivo un rapporto annuale sull’avanzamento del “Piano d’azione cantonale per le pari opportunità” da sottoporre per discussione al Gran Consiglio”.
La possibilità di disporre, a scadenze regolari, di dati completi e dettagliati, settore per settore (nel settore pubblico e in quello privato), permetterebbe di valutare in modo razionale gli eventuali progressi e gli eventuali regressi rispetto a questa problematica.
Soprattutto, la scadenza annuale di tale rapporto da sottoporre al Parlamento vincolerebbe noi stessi e noi stesse alla necessità di un dibattito senza farlo dipendere dai flussi e riflussi storici, dalle sensibilità contingenti o delle stagioni elettorali, permettendoci di intervenire tempestivamente e con cognizione di causa con le misure e gli strumenti necessari, laddove lo si riterrà opportuno.
Se leggiamo con attenzione il “Piano d’azione”, nel paragrafo conclusivo della parte riassuntiva a pagina 2, troviamo una dichiarazione che ci può aiutare a comprendere quanto sia importante mantenere costantemente alta l’attenzione su questi aspetti fondanti della nostra convivenza civile e di quanto sia fondamentale il ruolo delle istituzioni e delle sue pratiche effettiveper una presa di coscienza al suo interno e nell’intera società. Cito: “Il processo stesso che ha portato all’allestimento del Piano di azione cantonale per le pari opportunità ha contribuito ad incrementare la consapevolezza degli uffici e servizi cantonali su come il loro ruolo influenza le politiche pubbliche in un’ottica di genere”.
Con molta onestà, lo stesso lavoro ammette però che il lavoro è appena iniziato. Cito nuovamente il documento: “In questo modo è stato compiuto un primo passo, che permetterà di integrare l’analisi di genere a tutti i livelli dello Stato e in tutti i settori,affinché le disparità di trattamento tra donne e uomini siano costantemente ridotte.
L’uso del futuro (“permetterà”) e le parole-chiave (“primo passo”e “ridurre”) la dicono lunga sul come siamo ancora ben lontani da una situazione soddisfacente; mentre le espressioni “costantemente” e “in tutti i settori” ci indicano che le analisi e gli interventi in questo ambito dovrebbero essere condotti, per quanto riguarda l’amministrazione cantonale, in ogni dipartimento e con regolarità.
Anche se in modo eccessivamente timido e rinunciatario (mai prescrittivo e quasi esclusivamente esortativo), nel passo inerente la “sfera professionale”, il Piano prevede la necessità di indagini e misure anche nei vari settori dell’economia e della società ticinese: cosa che noi rivendichiamo con decisione.
Il rapporto di minoranza cita in modo esaustivo il quadro normativo cantonale, nazionale e internazionale entro il quale ci dobbiamo muovere.
Vale la pena qui ricordare la Strategia Parità 2030 adottata dal Consiglio federale nell’aprile del 2021 cui dobbiamo fare riferimento.
Questo è l’obiettivo per il 2030: “Donne e uomini partecipano con le stesse opportunità alla vita economica, familiare e sociale, fruiscono per tutta la vita della stessa sicurezza sociale e realizzano le loro aspirazioni in un ambiente improntato al rispetto e privo di discriminazioni e violenza”.
Il messaggio è chiaro! Devono essere messe in atto con urgenza delle misure attive in favore delle pari opportunità “nella vita economica, familiare e sociale” e del “rispetto”, a cominciare – è una priorità – dalla parità salariale.
Rispetto! Non vogliamo una politica fondata su delle concessioni. I diritti sanciti vanno semplicemente rispettati e difesi. Chiediamo una cultura politica, anche a livello istituzionale, che abbia come fine ultimo e come pratica quotidiana il rispetto dei diritti di tutte e di tutti.
Il paragrafo 1 dell’articolo 7 della Costituzione cantonale che abbiamo citato in precedenza così recita: “Nessuno deve trarre svantaggio o trarre privilegio per motivi di origine, razza, posizione sociale convinzione religiosa, filosofica, politica o stato di salute”. E qui mi permetto di introdurre qualche considerazione personale come contributo al dibattito sul tema in questione.
Un’osservazione attenta della società e una percezione ragionevole e oggettiva della realtà ci indicano come non sia sufficiente pensare alla giustizia sociale solamente in termini di genere. La battaglia per la parità dei diritti fra uomini e donne è centrale, ma proprio per questo va declinata in un modo più ampio. Va sempre ricordato, anche se è assolutamente evidente, che, per fare un solo esempio, la vita di una donna straniera, non bianca e di modeste condizioni non è la stessa di una donna bianca, con una buona situazione economica, uno status riconosciuto, che abbia funzioni dirigenziali, un ottimo reddito o una buona sostanza.
Sempre e comunque, gli impieghi più precari, peggio retribuiti e con le peggiori condizioni sono svolti da donne socialmente già sfavorite.
Classe sociale, etnia, istruzione, cultura, religione, colore della pelle, orientamento sessuale, caratteristiche fisiche e disabilità si intersecano fra loro e con le discriminazioni di genere, rendendole ancora più gravi.
Non possiamo permetterci di non affrontare questi problemi.Bisogna tornare a parlare di tutti i tipi di discriminazione (di genere, razziali, sociali e di classe) e delle loro combinazioni, così come dobbiamo considerare seriamente tutti i privilegi costruiti ad arte e difesi strenuamente (anche con la propaganda politica che conosciamo) da chi trae beneficio da tutte queste discriminazioni.
La letteratura sociologica e giuridica (Kimberlé Crenshaw, Chicago 1989) si è dotata – non a caso grazie a donne afro-americane impegnate per i diritti civili – del concetto e dello strumento metodologico dell’intersezionalità, che, in una società ancora fondata sulla predominanza maschile e su privilegi razzialie classisti, permette di affrontare il tema delle discriminazioni, con uno sguardo non parcellizzato, a cominciare da quella di genere.
Considerare l’esistenza dell’intersezione di più identità sociali e di tutte le discriminazioni che ne conseguono
è perciò indispensabile, per rivelare la specificità di situazioni discriminatorie spesso ignorate anche nella società in cui viviamo, in un cantone in cui le condizioni economiche e del lavoro si fanno sempre più precarie e più fragili.
In una società in cui si categorizzano le persone in funzione della provenienza, del colore della pelle, del cognome, della professione e della disponibilità finanziaria – l’abbiamo visto ancora una volta in quest’ultima campagna elettorale per le federali – non tutte le persone sono discriminate allo stesso modo. Pensare il contrario sottrae voce e visibilità ai problemi di un enorme numero di donne che, oltre alle discriminazioni di genere, ne devono subire molte altre e molto profonde.
Ecco perché è giusto analizzare, è giusto sapere, è giusto dibattere sempre su questi argomenti!
Anche in Ticino ci sono situazioni di precarietà sociale e storie di sofferenza, rese “invisibili” o rimosse, dagli studi, dalla cittadinanza, dalla politica e persino dagli stessi movimenti.
Chiedere di analizzare con uno sguardo più ampio e completo lo stato dei diritti delle donne in Ticino e di poterne parlare in Parlamento è perciò non solo legittimo ma anche doveroso !
Se ci pensiamo bene, tenuto conto di quanto abbiamo affermato, chiedere al Consiglio di Stato di riferire regolarmente che cosa si fa nel nostro Cantone per risolvere questo problema molto sentito è effettivamente piccola cosa e del tutto ragionevole.
La Federazione delle Associazioni Femminili Ticino, un organismo apartitico che da sempre promuove il dibattito pubblico sulla parità di genere e sulle pari opportunità, nel comunicato rivolto alla nostra attenzione, si rivolge a ognuno e a ognuna di noi per esortaci ad accogliere il rapporto di minoranza redatto dalla deputata Roberta Passardi e sottoscritto da deputate in rappresentanza di una sensibilità presente nei vari partiti.
Anche per questa Federazione molto rappresentativa, in materia di pari opportunità e parità salariale il Ticino avanza troppo lentamente, nonostante i vari strumenti, le basi legali e dichiarazioni d’intenti messi a disposizione e promossi da Governo e Parlamento. E fa notare che «ancora oggi le donne guadagnano in media il 18% o 1’500 franchi al mese meno degli uomini», un divario salariale che si traduce, in età avanzata, in un divario pensionistico che troppo spesso rappresenta per le donne la prospettiva di una terza età nella povertà.
Per tutti i motivi addotti, senza indugio alcuno, a nome del gruppo PS-GISO-FA, invito ad approvare con convinzione il rapporto di minoranza, perché non fa altro che promuovere un atto dovuto.
Vi ringrazio per l’attenzione