Yannick Demaria

Siamo il futuro che si difende: il futuro che si farà!

GC: INTERVENTO SUL PREVENTIVO DFE2025

Onorevole Consigliera di Stato, onorevoli Consiglieri di Stato, care Colleghe e cari Colleghi,

lo confesso, quando sono entrato a 22 anni per la prima seduta in questo Gran Consiglio, con la doverosa idealità e la giusta “ingenuità”, che ancora oggi rivendico come strumento spontaneo di sensibilità, mai avrei pensato di dovermi confrontare – e lo dico con il pieno rispetto per tutte le persone qui presenti – con una situazione politica tanto bloccata, contraddittoria, autolesionista e persino capricciosa.

Insomma, ho imparato! Ho capito – e con me molti giovani che partono o che non intendono più tornare – che Il Paese è proprio immobilizzato, stressato da una politica puramente ideologica e poco generosa, che preferisce peggiorare le condizioni delle cittadine e dei cittadini, anziché cercare le risorse dove ci sono per costruire il bene comune!

Per pura ideologia – il vero obiettivo è l’indebolimento dello Stato – per capriccio e futili giochi di partito, si fa di tutto per bloccare o tenere in ostaggio il lavoro dei Consiglieri di Stato, affinché le istituzioni non possano fare politica ed essere propositivi.

Lo scopo – questa è l’ideologia – è difendere i privilegi, ostacolando qualsiasi forma di ridistribuzione della ricchezza. Con la scusa e il mito del pareggio di bilancio, si mettono sotto stress il Paese, i Comuni e la società civile, si tagliano i servizi essenziali nelle scuole e nel sociale, si impoveriscono e si demoralizzano le persone già povere o fragili, si mettono sotto attacco gli impiegati, gli operatori e i docenti del servizio pubblico – quelli che, tra l’altro, da sempre pagano le imposte fino all’ultimo centesimo – e si va ad attaccare il potere d’acquisto e le condizioni dello stesso ceto medio.

E il mondo capovolto! Anziché proporre un patto che permetta di progettare una politica proiettata verso il futuro, che, partendo dai bisogni dei cittadini e delle cittadine, decida il tipo di politica fiscale più efficace e più giusto per garantire le risorse in modo razionale, si fa esattamente il contrario!

Si dice “le risorse sono queste, anzi, devono essere di meno!”, e poi, non si esige la dovuta solidarietà di chi dovrebbe contribuire di più, in virtù dei grandi redditi da capitale e delle grosse fortune.

In nome di un’ideologia e non su dati concreti (vedi il presunto” sgocciolamento della ricchezza”), ed in presenza dell’aumento della povertà, si penalizza la stragrande maggioranza della popolazione, per dei regali fiscali ad un’infima minoranza, a quell’1,9 per cento di contribuenti che in Svizzera possiede una ricchezza pari a quella del 98.1 della popolazione, quando l’1% – dati del 2021 – detiene più del 42% della ricchezza netta.

Ideologia anche questa? Forse, in ogni caso un’idea diversa, visto che l’altra non funziona! Intanto, però, si mandano – e questo è emblematico di una chiara scelta di campo – delle delegazioni (In veste istituzionale? In rappresentanza di chi? Cosa ci faceva a Londra il capo della divisione cantonale delle contribuzioni …?), per convincere, in modo eufemisticamente “semi-riservato”, i cosiddetti res-no-dom (residenti non domiciliati: super-ricchi e globalisti) a trasferire il loro domicilio fiscale in Ticino, cercando di sottrarli al fisco di un altro paese, promettendo “laghi e monti” … ?

Perché non si ha il coraggio di dire, una volta per tutte, che, per sistemare le finanze dello Stato e trovare le risorse finanziarie indispensabili per gli investimenti e i bisogni reali della popolazione, bisogna rinunciare alle solite “decurtazioni di imposta”- perché di questo si tratta – alle persone super-ricche, lasciando finalmente in pace il ceto medio, le famiglie e le persone che già fanno fatica, oberate come sono da premi di Cassa Malati impossibili, non proporzionati al reddito, e da tasse indiscriminate di ogni tipo, sempre più care e numerose, in un cantone in cui i salari sono ormai da tempo bassi e bloccati ?

Perché il Governo, i Partiti, le Commissioni e questo Parlamento, anziché tagliare sui servizi, per far fronte al debito, non riescono a mettersi d’accordo almeno per una soluzione temporanea, per cui, per un periodo definito, si chiede, in nome della tanto invocata “simmetria dei sacrifici”, un proporzionato “contributo di solidarietà” ai redditi e alle sostanze imponibili milionarie che superano una soglia stabilita, evitando invece qualsiasi aumento di imposta – e magari un ritocco verso il basso – al resto della popolazione e al ceto medio?

Parliamone! Proposte ed esempi già esistono.

Questa – al di là della possibilità di auspicabili soluzioni più incisive e durature – mi sembrerebbe una strada ragionevole per trovare una soluzione responsabile e solidale, per risolvere tra l’altro il problema urgente dei costi delle catastrofi meteorologiche e climatiche – che si sono abbattute e che purtroppo si abbatteranno sempre più frequentemente anche sulle nostre regioni – con la costituzione di un fondo di emergenza.

Ritengo assolutamente incomprensibile e imbarazzante che, in un Paese come il nostro, la Valle Maggia debba ancora aspettare i finanziamenti necessari e che, ancora una volta, dobbiamo andare a Berna col cappello in mano e contare sulla grande e spontanea solidarietà della gente comune!

Certo è che, senza una via d’uscita e senza una visione del futuro che non sia puramente contabile, e accettando di rimanere passivamente in ostaggio o – peggio – inseguendo i soliti ricatti delle destre, come stanno facendo questo dipartimento e il Governo, non potremo far altro che rendere sempre più povero il cantone, demotivando la sua popolazione, soprattutto quella più giovane.

Ci rendiamo conto che minare l’amministrazione e i servizi dello Stato, chiedendo la riduzione e il blocco del personale – come fa qualcuno – significa colpire le persone che lavorano? E le famiglie di quel ceto medio che si dice di voler difendere? In altre parole, quella parte di società che garantisce entrate sicure all’erario e che, se dotata del necessario potere d’acquisto, regge i commerci e l’economia di questo cantone?

Cosa andremo a dire – anzi, cosa andrete a dire – ai giovani e alle giovani che vi chiederanno perché volete ridimensionare il più importante datore di lavoro del Ticino? Che possono andare a lavorare per Zalando o per Uber o in settori inesistenti o sottopagati?

Loro vi risponderanno – noi vi risponderemo – che allora non potranno far altro che andarsene da un’altra parte (se fortunati), e che però non vorranno mai più sentire vuoti discorsi e false preoccupazioni per l’andamento della demografia e l’invecchiamento di questo cantone!

Il rapporto di minoranza n. 1, che altri colleghi e colleghe presenteranno nel dettaglio con i vari emendamenti, è preciso e documentato e, indipendentemente dalle decisioni che prenderemo in questa seduta, resterà, a futura memoria, per chi vorrà analizzare fra qualche anno le nostre tristi vicende attuali.

Per nessuna ragione potremo accettare ridimensionamenti o riduzioni dei servizi pubblici o delle prestazioni.

Nel modo più assoluto non potremo accettare tagli ulteriori sull’istruzione, la salute e la socialità!

Il Paese è stanco! Il territorio è stanco! La gente è stanca! I rapporti interpersonali si stanno deteriorando e incattivendo e l’ansia per l’incertezza del futuro diventa un male oscuro che visita l’animo di individui sempre più soli. Basta guardarsi attorno e frequentare le persone – non nei soliti salotti buoni – per capire che è in atto una profonda crisi sociale, in cui giovani e adulti devono fare i conti con la loro situazione economica, il precariato e la loro salute mentale. Sono perciò del tutto irresponsabili i tagli nell’istruzione, nella sanità e nel sociale, così come i reiterati attacchi alle condizioni di lavoro – e agli stessi posti di lavoro – del personale pubblico e parapubblico di questi settori fondamentali, che meriterebbero invece il più grande sostegno!

Quando una politica puramente ideologica, contraddittoria e autolesionista costringe alla paralisi o al conflitto le istituzioni (Governo e Parlamento contro i Comuni) e si ostina a mettere sotto stress i cittadini e le cittadine, la società civile e lo Stato, diventa lesiva dei diritti fondamentali.

La misura è colma! Adesso basta! Ora è proprio il caso di dirlo.

Non citerò, perché l’elenco è molto lungo, tutte le associazioni, le organizzazioni sindacali e della società civile che, guardandoci negli occhi, con la petizione cristallina che conoscete e altri autorevoli contributi, ci chiede “di rinunciare a tutte le misure di risparmio del Governo che vanno a colpire la scuola” e, ancora, “di respingere la recentissima decisione della Commissione della Gestione di ridurre di due milioni il credito per le prestazioni di pedagogia speciale“.

Associazioni dei genitori, associazioni di docenti, organizzazioni sindacali e politiche, singoli insegnanti, operatori e genitori preoccupati scrivono, con argomenti pertinenti, ai Municipi, al Governo e al Parlamento, chiedendo di annullare l’incomprensibile “limitazione del contributo cantonale al finanziamento dei docenti specialisti di educazione fisica, musicale e di appoggio (DAP)” – contro la quale ho inoltrato un emendamento – e di “rinunciare a tutte le misure di peggioramento della qualità della formazione ticinese e delle condizioni di lavoro dei docenti“.

Giusta è la reazione dei Comuni che si oppongono ai tagli citati, perché, se accolti – e questo è un aspetto su cui vi invito a riflettere – provocherebbero, accanto alle conseguenze negative sulla formazione – evidenti disparità di trattamento fra allievi e allieve abitanti in comuni diversi.

Consapevole della precisa origine politica contingente della situazione di stallo in cui ci troviamo – il famoso decreto UDC che molti hanno sostenuto o non hanno voluto contrastare – concludo volentieri con un breve e sempre “ingenuo” pensiero.

In un articolo pubblicato recentemente sul portale Naufraghi, dal titolo “Il Franscini imbarazzato e il preventivo”, Silvano Toppi scrive:

“Rimane sempre l’interrogativo che l’economista Basilio Biucchi, dell Università di Friburgo – “convallerano” bleniese – già nel 1979 si poneva:

«Perché la storia politica, economica e finanziaria del nostro paese si muove sempre, senza uscirne, nel giro vizioso dell’economia debole e delle finanze statali dissestate?»

A ben pensarci, è la domanda che non ci si pone, preferendo cavalcare “rusticanamente” la contabilità della partita doppia”.

Vi ringrazio moltissimo per la cortese attenzione.

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